Canto d’accoglienza

29 aprile – 1 maggio 2016

Il termine “profugo/a” viene dal latino profugere che vuol dire “cercare scampo”. Persone che cercano di avere salva la vita scappando dalle loro case, dalle loro terre. Persone che cercano aiuto, che cercano qualcuno che le accolga.

Una persona scappa dalla sua casa in fiamme e fuori trova i pompieri che per farlo uscire gli chiedono i documenti. Se non li ha con sé, allora può morire bruciato. Questo succede alle frontiere d’Europa. Arrivano donne, bambini, vecchi e uomini in fuga dalla loro patria in fiamme e trovano i nostri sbarramenti in terra e in mare. Allora guardano il cielo e chiedono le ali, non un passaporto ma un paio di ali. Noi cittadini d’Europa non aspettiamo che le autorità diano loro dei documenti, noi siamo la frontiera e spalanchiamo le braccia, facendo la mossa giusta che più somiglia alle ali, perché le loro ali siamo noi” (Erri De Luca)

Una performance teatrale poetica, in cui danza e canto cuciono un paio d’ali addosso alle ragazze e ai ragazzi: per poter raccontare al pubblico quel desiderio di salvezza e di gratitudine che un profugo può e deve provare al suo arrivo in una terra straniera pronta a prendersi cura della sua preziosa vita.